Ex specializzandi, corte UE: stipendi da adeguare

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha ribadito il diritto dei medici ex specializzandi ad avere una remunerazione pari almeno a quella prevista dalla successiva normativa di trasposizione, fatta salva la possibilità di provare danni ulteriori per non averne potuto beneficiare nei giusti tempi.

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha ribadito il diritto dei medici ex specializzandi, a tempo pieno o a tempo ridotto, a essere “adeguatamente remunerati” a partire dal 1982, anno in cui venne emanata la prima direttiva europea sul tema.

Questo perché la direttiva produce i suoi effetti dal momento della sua emanazione e non da quello del suo recepimento nell’ordinamento nazionale.

Entro il 31 dicembre 1982 gli Stati dovevano quantificare con una legge nazionale l’entità della remunerazione, l’Italia vi ha colpevolmente provveduto con quasi nove anni di ritardo.

Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea con una sentenza del 24 gennaio scorso.

Tra il 2001 e il 2003, alcuni medici si erano rivolti al tribunale di Palermo chiedendo la condanna dell’Università degli Studi di Palermo e dello Stato italiano al pagamento di una remunerazione appropriata per i corsi di specializzazione da loro seguiti tra il 1982 e il 1990, o quantomeno al risarcimento dei danni per la mancata trasposizione della direttiva.

Quei medici – ricorda una nota della Corte Ue – hanno perso la causa in primo grado.

Nel 2012, invece, la Corte di appello di Palermo ha condannato lo Stato italiano a pagare a ciascuno di loro un risarcimento per la mancata remunerazione durante la specialità.

La Corte di Cassazione, interpellata dallo Stato italiano, ha impugnato la sentenza d’appello sospendendo il procedimento e si è rivolta in via pregiudiziale alla Corte di giustizia europea, chiedendo di interpretare la direttiva.

Con la sentenza C-616/16 e C-617/16 la Corte europea ha affermato, innanzitutto, che la direttiva si applica a tutti i corsi di formazione specialistica, a tempo pieno o a tempo ridotto, iniziati a partire dal 1982, anno di emanazione della direttiva stessa.

Tali formazioni specialistiche, quindi, devono essere adeguatamente remunerate, a condizione che si tratti di una specialità comune a tutti gli Stati membri oppure comune a due o più Stati membri e menzionata dalla direttiva sul mutuo riconoscimento dei titoli di studio.

In secondo luogo, la Corte ha stabilito che l’obbligo di remunerazione sorge immediatamente con la direttiva, a prescindere dal suo recepimento nel diritto nazionale.

Quindi se, come è accaduto in Italia, mancano le norme interne di trasposizione, la quantificazione della remunerazione agli specializzandi va effettuata dal giudice mediante l’interpretazione di altre norme del diritto nazionale.

Se ciò non è possibile, e sarà il giudice nazionale a stabilirlo, allora il mancato recepimento della direttiva deve essere considerato come un inadempimento dello Stato, che comporta a suo carico l’obbligo di risarcire i singoli soggetti danneggiati.

Il risarcimento dovrebbe essere quantomeno pari alla remunerazione prevista dalla successiva normativa di trasposizione della direttiva, fatta salva la possibilità per i medici interessati di provare danni ulteriori per non avere potuto beneficiare della remunerazione nei giusti tempi.

La Corte ha anche precisato che, per i medici che abbiano seguito dei corsi di specializzazione ‘a cavallo’ del 31 dicembre 1982, il diritto alla retribuzione sorge solo a partire dal giorno successivo a tale data, quindi dal primo gennaio 1983. La stessa direttiva infatti aveva previsto che sino a quella data gli Stati membri avessero il tempo di adeguarsi.

A questo punto lo Stato italiano, che ha già pagato circa 600 milioni  ai medici ricorrenti, rischia un esborso di più di cinque miliardi  di euro essendo  oltre 100 mila i medici che hanno già  avanzato ricorso, su una platea di circa 160 mila  specialisti che  non hanno ricevuto il corretto trattamento economico durante la scuola di specializzazione frequentata fra il 1983 e il 2006.

                                      Claudio Testuzza