Due medici alla Presidenza del Consiglio

Avevano iniziato una carriera come medico, sono diventati ministri, presidenti del consiglio, direttore di giornale e in un caso addirittura dittatore, per poi concludere la propria vita in povertà. Sono le storie parallele di Luigi Carlo Farini e Giovanni Lanza, politici di primo piano negli anni dei governi della Destra storica, nati a pochi anni di distanza l’uno dall’altro e legati da una passione politica che ha presto preso il sopravvento sulla professione che avevano scelto.

Il più “istituzionale” dei due è certamente Giovanni Lanza, che a 17 anni si iscrive a Medicina presso l’università di Torino. Nel 1830 però il re, Carlo Felice, decide la chiusura dell’ateneo dopo i moti insurrezionali, e Lanza deve completare la sua formazione nell’ospedale di Vercelli. Si laurea nel 1832 ma non riesce a proseguire la carriera accademica per le sue origini provinciali (era nato a Casale Monferrato), così emigra a Pavia, si ammala, viaggia tra Cuneo e Genova dove aiuta i malati in un’epidemia di colera e finisce nella Milano austriaca, da dove viene cacciato perché indicato come patriota.

A 32 anni, tornato a Torino, inizia una carriera politica che lo porterà tra le file della Destra storica (la stessa area politica di Cavour) e a fondare un giornale, l’Opinione, che anni dopo sosterrà il Connubio – oggi sarebbe più modestamente inciucio – tra la destra moderata e il centrosinistra. Nel frattempo, mentre è impegnato da volontario nella prima guerra d’indipendenza, scopre di essere stato candidato ed eletto a sua insaputa nel parlamento subalpino.

Nel 1855 diventa ministro dell’Istruzione, quindi ministro delle Finanze e, dopo essersi opposto alla spedizione dei Mille, ministro dell’Interno del Regno d’Italia nel 1864: con questa carica proporrà al parlamento il trasferimento della capitale a Firenze. Nel 1869 diventa presidente del Consiglio nel governo che arriverà al pareggio di bilancio e conquisterà Roma e il Lazio. Proprio a Roma Lanza morirà nel 1882, in una modesta camera d’albergo, senza neanche rispondere al prete che lo invitava in punto di morte a ritrattare quanto aveva commesso contro la Chiesa.

Più avventurosa ancora la vita di Luigi Carlo Farini, nato in provincia di Ravenna e talmente precoce da iscriversi da giovanissimo alla Carboneria e da sostenere l’esame di ammissione alla facoltà di Medicina dell’università di Bologna quando aveva soli 16 anni. A 20 anni è laureato, a 22 diventa medico nella provincia di Rimini per poi tornare come medico condotto a Russi, la sua città natale.

Nel 1843 Farini partecipa ai moti insurrezionali, è ricercato e fugge in Toscana, a Marsiglia e a Parigi, quindi torna in Italia, a Lucca, dove studia un progetto per organizzare un’insurrezione nello Stato pontificio. Conosce Maurizio Bufalini e diventa famoso tra Italia e Francia, per poi tornare a Roma nel 1846 in seguito all’amnistia di Papa Pio IX e venire eletto due anni dopo in parlamento. Ma l’anno successivo è già a Torino, ottiene la cittadinanza e si fa eleggere nel parlamento subalpino: nel 1851 è già ministro dell’Istruzione, anche se solo per pochi mesi.

Nel 1859, la svolta: viene inviato a Modena e Parma come Regio commissario degli ex ducati, quindi viene nominato Dittatore delle provincie provvisorie da Piacenza a Cattolica. L’anno successivo è ministro dell’Interno del governo Cavour, poi diventa Luogotenente generale delle provincie napoletane, ma viene prestissimo sollevato dall’incarico.

Torna a Torino e nel dicembre 1862 è nominato presidente del Consiglio, ma poche settimane dopo mostra i segni di una grave malattia mentale. Inizialmente il governo cerca di nasconderlo, ma è costretto alle dimissioni: Indro Montanelli, nella sua Storia d’Italia, scriverà che in una riunione minaccia il re con un coltello per costringerlo a dichiarare guerra all’impero russo per sostenere una rivolta di insorti polacchi. Morirà povero, nel 1866, dopo essere stato ricoverato nel manicomio di Novalesa, in provincia di Torino.