DNA, l’immortale ‘elica della vita’

Raccontare l’invisibile. È la sfida lanciata dai curatori della mostra dedicata alla genetica e concepita come un viaggio tra testimonianze storiche, video e installazioni interattive.

“La pittura abbraccia in sé tutte le forme della natura” scrisse Leonardo da Vinci dopo aver disegnato L’uomo Vitruviano.

Nel suo approccio visivo alla conoscenza, il genio toscano percepì che il microcosmo del corpo umano è il riflesso dell’universo, la misura di tutte le cose. Una macchina perfetta fino alle sue più microscopiche e invisibili espressioni, come viene raccontato nella mostra “Dna. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica”.

Dopo il successo a Milano di “Real Bodies”, Roma ospita un’esposizione dedicata alla genetica, suddivisa in sette sezioni. Si parte con un percorso storico dei principali protagonisti che hanno svelato i meccanismi alla base della genetica. Primo fra tutti, il genio misconosciuto fino ai primi del Novecento, Gregor Johann Mendel (1822-1884), frate agostiniano di Brno, in Moravia, considerato il padre della genetica.

Per nove anni il frate si dedicò a lunghi esperimenti sull’ibridazione delle piante dei piselli fino a scoprire, nel giardino del proprio convento, le leggi che regolano la trasmissione dei caratteri ereditari. Si passa poi al genetista statunitense Thomas Hunt Morgan e alle sue ricerche sui moscerini della frutta per poi arrivare, nel secondo dopoguerra, alle scoperte realizzate da James Watson, Francis Cric e Rosalind Franklin.

I tre scienziati aprirono la strada alla genetica molecolare e progettarono il primo modello sulla struttura del Dna a doppia elica. “Nella mostra emerge chiaramente lo sviluppo degli studi sulla genetica – sottolinea Telmo Pievani, evoluzionista presso l’Università di Padova – . Nella fase iniziale il Dna viene rappresentato come un matrix, un codice lineare di letterine nascoste. In seguito emerge quanto sia più complesso. In realtà il Dna è composto anche di materia, come i geni tridimensionali che interagiscono con il resto della cellula e il resto dell’ambiente”. Una scoperta che viene approfondita nella seconda sezione in cui si raccontano le tecnologie più avveniristiche che sono state rese possibili dalla sequenza del Dna, tra cui la clonazione.

“Per la prima volta in Italia – prosegue il professor Pievani – esponiamo la pecora Dolly, con dei pezzi originali tra cui il vello e la sua maschera funeraria. Mostriamo come sia possibile prendere il genoma dal nucleo di una cellula somatica e impiantarlo in una cellula uovo e creare un individuo che possiede lo stesso genoma della donatrice di partenza. L’obiettivo in questo caso è di ricostruire e clonare tessuti, cellule indirizzate all’utilizzo della medicina rigenerativa. Mostriamo insomma quanto l’uso del Dna possa essere sfaccettato”.

La ricerca nel campo genetico prosegue anche con nuove sfide come gli Ogm, la biologia sintetica e le tecniche più innovative che stanno rivoluzionando le nostre vite: “Abbiamo deciso di affrontare questi temi cercando di spiegare chi ha le responsabilità nello sviluppo della ricerca, chi decide e come decide – dice Fabrizio Rufo, docente di bioetica all’Università La Sapienza di Roma – . Ci rivolgiamo a una cittadinanza consapevole. Ad esempio, abbiamo allestito un’installazione per sottolineare l’inconsistenza di alcune categorie che utilizziamo nella vita quotidiana quando definiamo degli alimenti “naturali” o “artificiali”. Abbiamo messo a confronto degli ortaggi (pomodori e melanzane) per dimostrare quanto anche questi alimenti subiscano delle continue mutazioni nello spazio e nel tempo”.

Cristina Artoni
@FondazioneEnpam