Da Giamburrasca a dottore

La storia di Glauco Ragaglia, ‘veterano’ dei collegi di Perugia: “A Onaosi ed Enpam devo tutto”

C’è una foto in bianco e nero che ritrae un ragazzino: giacca tre bottoni, cravatta e l’espressione spaesata di chi ha appena pianto e sta per farlo nuovamente. Diciassette anni dopo quasi lo stesso scatto: in divisa, cravatta regimental e uno sguardo fiero, velato di malinconia.

Nel mezzo c’è una giovinezza, una nuova stabilità, una famiglia ritrovata.
“Ricordo benissimo quei due giorni così lontani e per certi versi simili”, racconta Glauco Ragaglia, ex allievo Onaosi, entrato in collegio grazie ad una borsa di studio Enpam (l’ente mette a disposizione ogni anno sussidi per 40 posti annuali nelle strutture Onaosi).

“Il primo – spiega – è quando mia madre mi portò al collegio Onaosi di via della Cupa a Perugia. Avevo solo otto anni”.

La nuova vita di Glauco comincia il primo ottobre del ‘68, “quando arrivammo in taxi all’ingresso del convitto.

Mentre mia madre andò in direzione e io venni portato al guardaroba. Quando poi mi vide in divisa anche lei scoppiò a piangere”.

Rimasto orfano del padre ginecologo “che si occupava di far nascere i bambini del versante orientale dell’Etna”, Glauco si trasferisce da Siracusa a Perugia.

“Per me è stato un trauma, anche solo dover imparare a parlare sempre l’italiano, ma con la morte di mio padre ci trovammo senza la principale fonte di red dito della famiglia”.

È un racconto di anni difficili, ma “alla sfortuna personale, noi assistiti abbiamo avuto l’enorme fortuna di vivere serenamente coi nostri amici, la tranquillità economica di avere un alloggio, i libri, di potere andare al cinema”.

Fedele all’etimologia del proprio nome, Glauco (scintillante) racconta la sua storia facendo trasparire il suo carattere esuberante.

“La vita in collegio era molto severa ed io ero un Giamburrasca, ma col tempo ho imparato ad apprezzare i valori che mi hanno trasmesso gli istitutori.

Avere la giornata scandita da ferrea disciplina mi ha poi aiutato a impostare la mia vita e una volta uscito dal convitto ho portato con me un grande spirito di appartenenza all’Onaosi e la consapevolezza del valore della longevità delle amicizie”, racconta parlando dei molti ex allievi coi quali è rimasto in contatto, che lo considerano un veterano dell’ente. “

Mi è rimasto il ricordo delle persone che ho incontrato, come il rettore Antonio Castrucci, ‘un giusto’, severissimo anche nel controllare che vestissimo alla perfezione la divisa.

Non capivo e quando lo contestai mi disse che dovevamo essere tutti uguali, senza che si potessero distinguere disparità economiche e di estrazione”.

Anni in cui Glauco ha visto il mondo cambiare attraverso la lente dell’Onaosi, al riparo dell’assistenza offerta.

Dai primi scioperi del ‘68 a episodi leggendari, come la epica partita Italia-Germania 4-3 del mondiale messicano del ‘70 “che, benché trasmessa in orario notturno, ci venne permesso in via eccezionale di guardare”.

“All’Onaosi devo tutto, sono entrato con i calzoncini corti e sono uscito con una laurea. Quando sono andato via, nell’85, ho pianto come quando sono arrivato. È stata la mia famiglia”, racconta adesso con un sorriso, “ma la mia storia non è stata diversa dagli altri assistiti. È solo più lunga”.

Adesso Glauco è il dott. Ragaglia, laurea in Giurisprudenza, dirigente di azienda a Forlì e sposato con Maria Cristina, anche lei ex allieva, conosciuta all’Onaosi.

Hanno avuto due figli, ora di 22 e 24 anni, “ai quali – assicura Glauco – ho insegnato il valore delle amicizie autentiche e durature, proprio come ho imparato in collegio”.

di Antioco Fois