La privatizzazione dell’Enpam

La privatizzazione dell’ENPAM è avvenuta in circostanze che hanno interessato numerosi altri enti di previdenza per liberi professionisti, come atto particolare di un più ampio disegno politico di riforma dell’intero welfare state italiano.
Tale disegno si palesò formalmente con la disposizione di cui all’articolo 1 della L. 24 dicembre 1993 n. 537, con la quale il Governo fu delegato a emanare uno o più decreti legislativi di riorganizzazione e razionalizzazione dell’apparato burocratico statale e delle amministrazioni ad ordinamento autonomo. Per quel che concerne in particolare il settore previdenziale, l’intento perseguito consisteva essenzialmente nel riordinare o sopprimere enti pubblici di previdenza e assistenza allo scopo di risanare quelli che presentassero disavanzo finanziario ed eliminare duplicazioni organizzative e funzionali, anche mediante fusione di enti con funzioni previdenziali o in materia infortunistica, relativamente a categorie di personale coincidenti ovvero omogenee; incorporazione delle funzioni di previdenza e assistenza in enti similari già esistenti; incorporazione delle funzioni in materia di infortunistica nell’IINAIL; privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza che non usufruissero di finanziamenti o ausili pubblici (con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile, ma ferme restandone le finalità istitutive e l’obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie a favore dei quali essi risultavano istituiti) ed esclusione di questi dalle operazioni di fusione e di incorporazione.
Già da diverso tempo prima dell’emanazione del D:Lgs. n. 509/94 si formulavano ipotesi di assorbimento della previdenza di categoria in un polo unico, pubblico o privato, di gestione della previdenza. Tali ipotesi di concentrazione della gestioni previdenziali avanzate in diverse proposte di legge venivano però avvertite come minacciose dalle categorie interessate, stridendo fortemente con lo spiccato senso di autonomia che sin dalle origini ha caratterizzato tutte le Casse previdenziali dei liberi professionisti.
A fronte di queste eventualità, il progetto governativo di privatizzazione prospettato col D. Lgs. n. 509/94 si presentava come alternativa più che accettabile, atteso che essa avrebbe permesso alle Casse previdenziali di gestire con più ampia libertà la loro struttura organizzativa e le proprie risorse finanziarie, nella prospettiva di un necessario e doveroso recupero di funzionalità, efficienza ed efficacia di un’azione gestionale per troppo lungo tempo “appesantita” dai vincoli di appartenenza al comparto della pubblica amministrazione.
C’era inoltre il proposito di sottrarsi, con la privatizzazione, a provvedimenti, di già incombente attuazione per il sistema della previdenza generale, restrittivi dei diritti previdenziali od alieni dalla cultura previdenziale sviluppata dalle Casse nel lungo periodo della loro storia, come – ad esempio – il pesante fardello del contributo di solidarietà poi stabilito dalla legge 8 agosto 1995 n. 335, di riforma del sistema generale obbligatorio.
Queste sono state le principali ragioni che hanno indotto le Casse di Previdenza di categoria ad optare per la privatizzazione.
Per quanto concerne la privatizzazione dell’ENPAM in particolare, la trasformazione in Fondazione di diritto privato fu deliberata dal suo Consiglio Nazionale tra il 16 ed il 17 dicembre 1994, e contestualmente fu deciso di mantenere lo Statuto ed i Regolamenti previdenziali all’epoca vigenti .
il 28 ottobre 1995 il Consiglio Nazionale approvò alcune modifiche statutarie richieste dai Ministeri vigilanti e il 24 novembre 1995 il Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, di concerto col Ministro del Tesoro, emise il decreto di approvazione del primo Statuto della Fondazione.
Infine, in data 21 febbraio 2000 il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, di concerto col Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione, ha approvato il testo Statutario vigente, condizionando l’efficacia del decreto di approvazione alla introduzione di talune limitate modifiche, poi deliberate dal Consiglio Nazionale e definitivamente formalizzate con atto notarile nella seduta del 1° aprile 2000.
La trasformazione dell’ENPAM in ente di diritto privato si è perfezionata dunque con la scelta della forma della fondazione, organismo giuridicamente caratterizzato – rispetto all’associazione – da un più forte vincolo di destinazione del patrimonio a fini sociali e dal fatto di essere strumento organizzativo che garantisce una maggiore governabilità, riservando ai suoi amministratori maggiori poteri decisionali.
Con l’esercizio di tale opzione l’ENPAM si è trasformato da ente ausiliare dello Stato – come veniva definito nel previgente regime, in considerazione del rapporto fra fini istituzionali dell’Ente e fini generali dello Stato – in ente privatistico che persegue fini pubblicisticamente rilevanti.
La privatizzazione dell’Ente ha comportato l’assunzione di una personalità giuridica privata con il conseguente riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 12 e seguenti di Codice Civile. Ma l’attività istituzionale della Fondazione ENPAM è rimasta sostanzialmente a valenza pubblicistica: come ha precisato in proposito la stessa Corte Costituzionale “la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza è inserita nel contesto del complessivo riordinamento o della soppressione di enti previdenziali, in corrispondenza ad una direttiva più generale volta ad eliminare duplicazioni organizzative e funzionali nell’ambito della pubblica amministrazione. Alla razionalizzazione organizzativa ed alle fusioni ed incorporazioni, che tale direttiva implica, si sottraggono gli enti che, non usufruendo di alcun sostegno finanziario pubblico, intendono mantenere la loro specificità ed autonomia, assumendo la forma dell’associazione o della fondazione. La privatizzazione, prevista dal legislatore delegante, è caratterizzata da elementi sia di continuità che di innovazione. La giurisprudenza costituzionale ha già riconosciuto che la trasformazione lascia immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza, secondo le finalità istitutive di ciascun ente, così giustificando l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione. Si modificano, invece, gli strumenti di gestione e la qualificazione dell’ente, che si trasforma ed assume la personalità di diritto privato.” (Corte Cost., Sent. n. 15 del 5/02/99).
In particolare, come stabilito dal D:Lgs. 504/94:

  • rimane l’obbligatorietà dell’iscrizione previdenziale;
  • rimane l’obbligatorietà della contribuzione previdenziale;
  • l’Ente ha autonomia gestionale, organizzativa e contabile, pur sempre – però – nei limiti ed “in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta”
  • l’Ente è soggetto alla vigilanza del Ministero del Lavoro, che in taluni casi si esercita di concerto col Ministero del Tesoro,
  • l’Ente è soggetto ai controlli della Corte dei Conti,
  • l’Ente è obbligato a costituire una riserva legale preordinata ad assicurare la continuità nell’erogazione delle prestazioni ed a garantire l’equilibrio di bilancio; tale “stabilità” di gestione è da assicurare per un arco temporale non inferiore a 15 anni.

Il processo di privatizzazione, inoltre, non ha configurato
• né un caso di successione del nuovo ente giuridico a quello preesistente nella titolarità del patrimonio e dei rapporti giuridici intrattenuti, in quanto lla Fondazione è rimasto titolare di tutti i rapporti attivi e passivi del corrispondenti enti previdenziali e dei rispettivi patrimoni
• né una radicale innovazione dell’intima natura dei fini istituzionali e del rapporto previdenziale con gli iscritti, dal momento che la Fondazione continua a svolgere le attività previdenziali e assistenziali in atto riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per la quale è stata originariamente istituita, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione,
così che in capo alla Fondazione rimangono sostanzialmente immutati i preesistenti poteri pubblicistici strettamente connessi al perseguimento di quei fini ed alla gestione del rapporto assicurativo, dovendosi ritenere gli enti privatizzati, con riguardo alla suddetta attività istituzionale, organi indiretti della Pubblica Amministrazione e, in quanto tali, di questa continuino ad esercitare i poteri, compreso, anzitutto, quello impositivo in materia di contribuzione.
Si può quindi affermare che la privatizzazione dell’Ente attuatasi in conformità al D.Lgs. n. 509/94 ha inciso esclusivamente “sul lato interno” della sua organizzazione e del suo funzionamento, conseguendo in detto ambito ampia autonomia gestionale, organizzativa e contabile, in una rinnovata prospettiva di rapporti con le Istituzioni pubbliche di controllo.