3. GENERALITA'
Le disposizioni generali protettive della maternità si applicano a tutte le lavoratrici gestanti o puerpere, comprese le apprendiste e le dipendenti di società cooperative, che prestano la loro opera alle dipendenze di datori di lavoro privati, nonché alle dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
A vietare comportamenti discriminatori, per quanto riguarda l'accesso al lavoro, in relazione allo stato di gravidanza vi è l'espressa previsione dell'articolo 1 della legge 903/77, in base al quale è stato ritenuto che, all'atto di assunzione, la lavoratrice non è obbligata a comunicare il proprio stato di gravidanza (Tribunale di Milano - 13 novembre 1978). Già prima della entrata in vigore della legge era stata, comunque, preclusa al datore di lavoro la possibilità di accertare, attraverso apposite indagini, lo stato di gravidanza della lavoratrice (Pretura di Milano - 10 dicembre 1974).
Le dipendenti in stato di gravidanza non possono essere licenziate (*)
per tutto il periodo che va dalla gestazione fino al compimento di un anno
di età del bambino (articolo
2, ultimo comma, legge 1204/71) , portati a tre dalla legge 92/2012 articolo 4 comma 16 che modifica l'articolo 55 comma 4 del DLgs 151/2001 né possono essere prese misure
preparatorie a una tale decisione prima della scadenza di questo periodo (procedimento
C-460/06 della Corte europea-Tribunale del lavoro e sentenza
11 ottobre 2007).
Con l’interpello n. 39/2011 il Ministero del Lavoro precisa però che è lecito il patto di demansionamento sottoscritto tra datore di lavoro e lavoratrice madre rientrata al lavoro antecedentemente al compimento di un anno di vita del figlio se ha finalità di salvaguardare il posto di lavoro. Ovviamente deve essere verificato che il contesto aziendale sia tale che, per fondate e comprovabili esigenze tecniche , organizzative e produttive o di riduzione dei costi, non sussistano altre alternative diverse per garantire la conservazione del posto di lavoro.
Non risulterebbe invece lecita la decurtazione della retribuzione finche dura il periodo in cui vige il divieto di licenziamento (anno di vita del figlio) perch’ contrasta con la norma che preclude il recesso da parte del datore di lavoro anche nelle ipotesi di soppressione del posto di lavoro con l’eccezione solo nel caso della cessazione dell’attività.
Ricordiamo che la lavoratrice madre può licenziarsi, ma le dimissioni debbono essere convalidate nelle modalità secondo le istruzioni operative impartite dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con lettera circolare prot. 25/I/0007001 del 4 giugno 2007, lettera circolare prot. 25/II/0002840 del 26 febbraio 2009, legge 92/2004 art.4 comma 16, interpello 5 febbraio 2013 numero 6 della Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, circolare 18 dicembre 2015 numero 22350 della Direzione generale per l’Attvità Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e decreto del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali 15 dicembre 2015 e Allegato A.
In particolare, va tenuto presente che in caso di maternità non trova applicazione il principio secondo il quale un rapporto di lavoro, anche a tempo determinato, per espletare tutti gli effetti giuridici ed economici, ivi compresi i congedi parentali, deve essere perfezionato mediante la effettiva presa di servizio: il rapporto di lavoro va considerato perfezionato con la semplice accettazione della nomina risultando ininfluente e non necessaria la presa di servizio (orientamento giurisprudenziale costante). |
considerata parto a tutti gli effetti. Per accertare se l'interruzione di gravidanza é avvenuta dopo il 180° giorno, si presume che il concepimento sia avvenuto 300 giorni prima della data presunta del parto, indicata nel certificato medico di gravidanza (art.4 del DPR 1026/1976). Inoltre decorsi i tre mesi di assenza obbligatoria dal lavoro, se le condizioni di salute della lavoratrice non le consentono di riprendere servizio, l'assenza sarà considerata come dovuta a malattia derivante dallo stato di gravidanza e non fanno, quindi, cumulo con le assenze per malattia comune. In particolare, i vari periodi di assenza previsti dalla legge 1204/71, come ampliati dalla legge sui congedi parentali, sono computati nell'anzianità di servizio: per l'astensione obbligatoria con diritto alla tredicesima mensilità e alle ferie, per gli altri periodi facoltativi prima del Dlgs 105/2022 venivano invece esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia. Il Dlgs 105/2022 (art. 34 punto 5) ha previsto infatti che tutti i periodi di congedo parentale siano computati nell'anzianita' di servizio e non comportino riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilita' o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva
(*) Il divieto assoluto di licenziare le donne in attesa di un bambino vige anche se il datore di lavoro, che ha comminato il licenziamento, non era al corrente che la dipendente era incinta (Cassazione sez. lavoro 6596/2000 e 2244/2006).
In particolare, è legittimo il trasferimento comunicato alla lavoratrice madre entro l'anno di età del bambino, ma che ha efficacia successiva a questo termine: "non è il momento in cui viene disposto il trasferimento, ma il fatto che la lavoratrice abbia assicurato lo stesso posto di lavoro nel periodo fino a un anno di età del bambino" (Ordinanza 19 dicembre 2005 del Tribunale di Ravenna ).
(**) La situazione di "genitore solo" può verificarsi in caso di
- morte di un genitore
- abbandono del figlio da parte di uno dei genitori
- affidamento del figlio a uno solo dei genitori (circolare INPS 109/2000 par. 1.3)
- nel caso l'altro genitore sia colpito da grave infermità, ancorché temporalmente circoscritta (messaggio INPS 22911/2007)
Legge 25/1999 art.17 |
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E' vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino |
Il
lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente prestato:
Dal 25 giugno 2015 (DLgs 80-2015 articolo 11), con provvedimento inizialmente rinnovabile di anno in anno, è previsto inoltre che il lavoro notturno non debba essere obbligatoriamente prestato anche
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Maternità: dati sensibili trattabili - L'Autorità per la privacy ha stabilito che l'INPS può effettuare operazioni di raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione, modificazione, estrazione, utilizzo, blocco, cancellazione e distruzione dei dati sensibili delle donne che richiedono l'assegno di maternità. L'INPS può, inoltre, effettuare operazioni di selezione, elaborazione e anche comunicazione dei dati, purché ne dia motivazione scritta con informazione dei soggetti cui verranno comunicati.
I dati personali potranno essere utilizzati a fini statistici, di studio, di informazione, di ricerca e diffusione in forma rigorosamente anonima.
(Garante per la protezione dei dati personali - Newsletter 13 novembre 2000).
* ASTENSIONE OBBLIGATORIA - Da due mesi prima
della data presunta del parto (tre in caso di lavori pregiudizievoli
o gravosi), rilevabile dal certificato medico (Dlgs 151/2001 art.21 modificato dall’art.34 del DL 69/2013) di gravidanza (il certificato
attestante la data del parto va presentato entro trenta giorni) a tre
mesi dopo la data effettiva del parto stesso (il certificato di nascita
deve essere inviato al datore di lavoro entro 15 giorni dalla data del
parto); se il bambino nasce in ritardo rispetto alle previsioni, l'astensione
si prolunga di conseguenza. Anche se il parto avviene in data anticipata
rispetto a quella presunta, i giorni non goduti di astensione obbligatoria
prima del parto vanno aggiunti al periodo di astensione obbligatoria
dopo il parto (norma ripresa dal DLgs 80-2015 articolo 2 comma 1a). Il giorno della data presunta del parto costituisce dies
a quo calcolare a ritroso il periodo di astensione obbligatoria ante
partum e il giorno dell'evento il giorno da cui decorrono i tre mesi
di astensione obbligatoria post partum; il giorno della data presunta
del parto, il giorno dell'evento che possono peraltro coincidere non
vanno conteggiati nel periodo di astensione obbligatoria: infatti, rimanendo
oggetto di tutela, costituiscono il dies a quo per computare il periodo
in questione. Nell'ipotesi in cui data presunta e data effettiva coincidano,
il periodo complessivo "ordinario" di congedo di maternità sarà
pari a 5 mesi ed un giorno, oltre l'eventuale periodo di prolungamento
se il bambino nasce in ritardo rispetto alle previsioni (Cassazione
n.1401/2001, messaggio
INPS 18311/2007 e nota operativa INPDAP 17/2009).
La verifica della certificazione sanitaria non deve incidere sugli aspetti indennitari della maternità di competenza dell’Inps, ma solo sulle eventuali responsabilità del datore di lavoro. * ASTENSIONE ANTICIPATA - L'astensione dal lavoro
può essere anticipata (art.
17 Dlgs 151/01, se la dipendente è occupata in lavori
che possono causare nocumento alla regolare gestazione (e non può
essere spostata ad altre mansioni) oppure in caso di gravi complicanze
della gestazione o di preesistenti forme morbose che potrebbero essere
aggravate dallo stato di gravidanza; questo anticipo viene disposto
con provvedimento dell'Ispettorato del lavoro entro 7 giorni dalla ricezione
dell'istanza corredata dalla documentazione e può essere prolungato
sino a 7 mesi dopo il parto se la dipendente è occupata in lavori che possono causare nocumento alla gestazione (e non può essere spostata ad altre mansioni), mentre in caso di gravi complicanze della gestazione o di preesistenti forme morbose che potrebbero essere aggravate dalla gravidanza il provvedimento viene disposto dalla ASL cui va indirizzata la domanda(*). Per l'interdizione anticipata dal lavoro
è infatti condizione essenziale l'emanazione di un provvedimento da parte
del Servizio ispettivo presso la Direzione provinciale del lavoro o da parte della ASL secondo le specifiche competenze (Minister Lavoro nota prot. n. 97 del 1 giugno 2006 e circolare n. 2 del 16 febbraio 2012). * ASTENSIONE FACOLTATIVA - Entro l'ottavo anno
di vita del bambino (dal 25 giugno 2015, DLgs 80-2015 articolo 7 comma 1a, con provvedimento inizialmente rinnovabile di anno in anno, è previsto nei «primi suoi 12 anni di vita») i genitori possono assentarsi anche contemporaneamente.
La durata dell'astensione facoltativa è di 10 mesi complessivi,
con un massimo di sei mesi (anche frazionabili) per ciascun genitore
(tranne nel caso di genitore unico il quale potrà usufruire di
tutti i 10 mesi di assenza o di 11 se maturato il diritto al mese aggiuntivo
- INPS
circolare numero 8/2003). Se il padre decide di curare il figlio
per almeno tre mesi avrà il diritto a un ulteriore mese di assenza
(**). In caso di parto plurimo i benefici spettano per ciascun bambino.
Il DLgs 105/2022 art.34 ha introdotto importanti modifiche sul congedo facoltativo parentale (decorrenza dal 13 agosto 2022):
- alla madre, fino al dodicesimo anno di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore; Restano, invece, immutati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori:
* PERMESSI PER L'ALLATTAMENTO - Durante il primo anno di vita del bambino sono concessi due periodi di riposo di un'ora ciascuno, anche cumulabili, durante la giornata lavorativa, ridotto a uno se l'orario e' inferiore alle sei ore giornaliere. In caso di parto plurimo il periodo è raddoppiato. Le ore aggiuntive rispetto a quelle previste per il parto singolo possono essere utilizzate dal padre. * PERMESSI PER MALATTIE DEL BAMBINO - Durante le malattie del bambino di età inferiore agli otto anni, i genitori hanno diritto di assentarsi dal lavoro alternativamente, ogni volta che lo ritengano opportuno, con l'obbligo di presentare il certificato medico rilasciato dal sanitario di libera scelta, attestante la malattia del bambino. Dai tre agli otto anni del bambino spettano annualmente cinque giorni per ciascun genitore (***). * PERMESSI GIORNALIERI - La legge 5 febbraio 1992 numero 104 riconosce al lavoratore, genitore di soggetto portatore di handicap, il diritto a due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino. |
(*) Secondo il parere del Consiglio di stato numero 460/03 reso dalla sez. II l'11 febbraio 2004 e la circolare del Ministro del lavoro numero 70 del 1 dicembre 2004 (vedi anche circolare INPS numero 50 del 17 marzo 2005) il diritto al congedo per maternità con l'interdizione anticipata dal lavoro per maternità per una gravidanza a rischio (concessa quest'ultima con un unico provvedimento, valido cioè per un periodo ininterrotto fino all'inizio del periodo di astensione obbligatoria), come da art. 17 del Dlgs 151/01, spetta sempre anche in comprovata carenza di rapporto di lavoro purché la gravidanza sia avvenuta in costanza di rapporto di lavoro o al più entro i successivi 60 giorni dalla risoluzione. . Al contrario il riconoscimento dell'indennità di maternità in caso di interdizione anticipata per gravosità delle condizioni di lavoro e impossibilità del trasferimento della lavoratrice ad altre mansioni o di interdizione prorogata (dal termine dei tre mesi dalla data effettiva del parto al 7 mese di vita del bambino) spetta solo in costanza di rapporto di lavoro. Pertanto non può mai essere richiesto e concesso per i periodi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, nemmeno entro 60 giorni dalla risoluzione.
Dal 25 giugno 2015 (DLgs 80-2015 articolo 3 comma 1), con provvedimento inizialmente rinnovabile di anno in anno, è previsto il diritto all’indennità di maternità, direttamente dall’Inps, anche in caso di licenziamento per colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro, per cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta, per ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine purchè durante il periodo di astensione obbligatoria (come previsti negli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 151/2001).
DATA PRESUNTA PARTO | 30 GIUGNO | 30 GIUGNO | 30 GIUGNO |
---|---|---|---|
SCADENZA CONTRATTO | 15 aprile | 15
maggio |
15 ottobre |
TUTELA OBBLIGATORIA | Diritto al congedo di maternità fino al 30 settembre (ovvero 3 mesi dopo la data effettiva del parto) | Diritto al congedo di maternità fino al 30 settembre (ovvero 3 mesi dopo la data effettiva del parto) | Diritto al congedo di maternità fino al 30 settembre (ovvero 3 mesi dopo la data effettiva del parto) |
DIRITTO INTERDIZIONE ANTICIPATA | Sì
- sino al 30 aprile se unico provvedimento |
Sì - sino al 30 aprile | Sì - sino al 30 aprile |
DIRITTO
INTERDIZIONE PROROGATA |
No | No | Sì - fino al 15 ottobre
|
(**)
Il periodo uguale o superiore ai tre mesi che il padre deve per innalzare
i limiti dell'astensione facoltativa a sette mesi individuali e undici complessivi
per i due genitori, va inteso in termine continuativo, altrimenti se fosse
data la possibilità di usufruirne in modo frazionato il legislatore
avrebbe usato il termine complessivo.
(***)
I cinque giorni all'anno di astensione per malattia del figlio, concedibili
in base alla legge
53/2000 tra il 3° e l'8° anno di vita del bambino si debbono intendere
non per anno solare, ma per anno di vita del bambino, in quanto la legge
non fa mai riferimento all'anno solare.
AGEVOLAZIONI Legge 5 febbraio 1992 numero 104 Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti della persone handicappate |
---|
|
L'articolo 80 della Finanziaria 2001 ha esteso quanto già previsto nella legge 53/2000, dando la possibilità ai genitori lavoratori, alternativamente, di fruire -in forma retribuita e con contribuzione figurativa- del congedo previsto dal comma 2 articolo 4 per una durata complessiva di 2 anni, per assistere un figlio affetto da grave handicap, certificato dalle strutture sanitarie pubbliche |
(1)
L'articolo
33 del D.Lgs. 151/2001 stabiliva che nel caso di minore con handicap
in situazione di gravità (accertata ai sensi dell'articolo
4 comma 1 della legge 104/1992) i genitori avessero diritto al prolungamento
sino a tre anni di vita del figlio del congedo parentale, indipendentemente
dal diritto dell'altro genitore, a condizione che il bambino non fosse
ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. Con la modifica al comma 1 dell’articolo 33 del D.Lgs. 151/2001 la madre o in alternativa il padre hanno diritto al prolungamento del congedo parentale sino al compimento dell’ottavo anno di vita del bambino con handicap per un periodo complessivo non superiore ai tre anni; inoltre viene esteso anche quando il bambino sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati purchè sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.Il prolungamento
decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del
congedo parentale spettante al richiedente (vedi messaggio
INPS 22578/2007):
|
Altre norme di protezione sul lavoro alle lavoratrici future madri e madri - Già la legge prevede che la donna incinta, puerpera o in periodo di allattamento deve essere allontanata dai lavori gravosi e pericolosi e, in caso di gravidanza a rischio, è previsto l'allontanamento dal lavoro (*). La Commissione europea in ottemperanza alla direttiva 92/85/Cee ha stilato anche le linee-guida sulla sicurezza delle gestanti, puerpere o allattanti per valutare il rischio specifico, rimuovere il pericolo, evitare il rischio, intervenire affinché non subentrino danni alla salute. In merito all'azione di protezione sul lavoro per le madri o future madri, il datore di lavoro deve procedere ad una valutazione degli eventuali rischi mediante un esame sistematico di tutti gli aspetti dell'attività lavorativa della donna per identificare la cause probabili di lesioni o danni e stabilire le modalità per eliminare o ridurre i rischi. Tre sono le principali fasi del processo:
- l'identificazione dei pericoli: agenti fisici, chimici e biologici; processi industriali; movimenti e posture; fatica psicofisica; altri carichi fisici e mentali
- l'identificazione delle categorie di lavoratrici: gestanti, donne che hanno partorito di recente, madri che allattano
- la valutazione del rischio in termini sia qualitativi che quantitativi.
(*) In particolare per i procedimenti autorizzatori alla interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza e delle puerpere (sino a sette mesi dopo il parto) relativi al congedo anticipato per gravidanza a rischio oppure a causa dello svolgimento di lavori faticosi o insalubri nel caso non sia possibile il cambio delle mansioni sono competenti gli organi del ministero del Lavoro. Una volta proposta l'istanza di astensione dal lavoro la direzione provinciale, chiamata a decidere entro 7 giorni, qualora ritenga di dover negare l'autorizzazione dovrà dare comunicazione alla richiedente dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda. La lavoratrice potrà entro dieci giorni dalla comunicazione di rifiuto produrre eventuali e ulteriori motivazioni sulle quali la direzione del Lavoro dovrà ulteriormente pronunciarsi dandone espressa motivazione in caso di ulteriore rifiuto. La mancanza di una adeguata motivazione, determinando una violazione dell'articolo 3 della legge 241/90 (la legge 241/90 è in parte modificata dalla legge 15/2005), comporterebbe l'annullabilità del provvedimento in base all'articolo 21-octies della legge, ovviamente mediante provvedimento del Tar previo ricorso. Potrebbe essere avanzata anche richiesta di risarcimento di un eventuale danno patrimoniale.
DIVIETO
DI LICENZIAMENTO (art.
54 decreto legislativo 151/2001) scatta dall'inizio della gestazione
fino al compimento di un anno di età del bambino e in caso di
adozione o di affidamento fino a un anno dall'ingresso del minore in
famiglia. divieto di licenziamento
Il licenziamento intimato alla lavoratrice madre in violazione dell' articolo 54 del DLgs 151/2001 è nullo. divieto di licenziamento del padre indennità di maternità Dal 25 giugno 2015 (DLgs 80-2015 articolo 3 comma 1), con provvedimento inizialmente rinnovabile di anno in anno, è previsto il diritto all’indennità di maternità, direttamente dall’Inps, anche in caso di licenziamento per colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro, per cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta, per ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine purchè durante il periodo di astensione obbligatoria (come previsti negli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 151/2001). |