4. INTRODUZIONE

Nell'attualità il consenso informato costituisce un momento imprescindibile della attività medica: è infatti l'accettazione che il paziente esprime a un determinato trattamento sanitario, in maniera libera (e non mediata dai familiari), dopo essere stato informato sulle modalità di esecuzione, sui benefici, sugli effetti collaterali, sui rischi ragionevolmente prevedibili e sull'esistenza delle eventuali alternative terapeutiche.

L'informazione costituisce, dunque, una parte essenziale del progetto terapeutico, dovendo peraltro esistere anche a prescindere dalla finalità di ottenere il consenso.

La persona cosciente e capace, bisognosa di cure mediche, non può essere sottoposta passivamente a qualsiasi trattamento sanitario; ogni singolo accertamento diagnostico, ogni singola terapia, qualsivoglia intervento medico non potrà essere effettuato se non con il valido consenso della persona interessata, dopo essere stata adeguatamente informata onde possa valutare il trattamento cui sarà sottoposta e i rischi che da tale trattamento potrebbero derivare e, eventualmente, scegliere trattamenti diagnostico-terapeutici alternativi.

Ricordiamo che l'articolo 32 della nostra Costituzione stabilisce che nessuno può essere sottoposto a un trattamento sanitario contro la sua volontà, mentre l'articolo 13 afferma l'inviolabilità della libertà personale e ne ancora ogni restrizione a riserve di legge.

Ne deriva che il medico non è legittimato ad agire, se non in presenza di una esplicita o implicita (nei casi di routine, anche se il presunto può non essere implicito) manifestazione di volontà del paziente che si affida alla sua opera professionale; viene fatta eccezione nei casi in cui il paziente non sia in grado di comprendere e versi in pericolo di vita.

In caso di minore o incapace il consenso viene esercitato da chi ha la potestà tutoria ovvero in determinati casi dal giudice (genitore del minore che si oppongono ad un determinato trattamento senza il quale il paziente potrebbe venire a morte come nel caso dei testimoni di Geova che si oppongono all'emotrasfusione).

Da tenere presente che il consenso anche dei parenti stretti non ha alcun significato legale.

Si è così passati dal paternalismo benevolo all'autodeterminazione consapevole, cioè ad un rapporto medico-paziente dove il medico si impegna alla informazione e il paziente, reso cosciente, si affida alla competenza del medico.

Dovere del medico è dunque il rispetto della dignità, della volontà, della libertà del paziente con la rinuncia ad ogni atteggiamento autoritario, nell'intento di rendere il paziente partecipe, quanto più possibile, del comune impegno alla tutela della sua salute (non al diritto alla sua salute, tenendo ben presente che tale aspettativa non può essere pretesa; infatti il medico può garantire solo una buona prestazione per la tutela della salute del suo paziente e non la sua immortalità).

Una diversa condotta potrebbe far incorrere il medico nelle sanzioni previste per colui che commette i reati di lesione personale, di violenza privata ovvero di soppressione della coscienza e della volontà.

La omissione di un consenso scritto (legge 219/2017), come prova certa, (la previsione scritta del consenso in precedenza non era obbligatoria se non per trasfusione di sangue o emoderivati, per la sperimentazione clinica e per la manipolazione dei dati sensibili, per i trapianti, nei trattamenti radianti e, in particolare, per gli accertamenti Hiv) oppure i consensi generici e incompleti possono diventare, in caso di insuccesso o di complicazioni gravi, strumento giudiziario contro il medico: in mancanza di prove documentali il medico è destinato a soccombere alla esigenza delle norme e alla severità della giurisprudenza.

Dunque nella pratica medica il consenso informato che deve essere acquisito sia da chi prescrive sia da coloro che eseguono la prestazione secondo le specifiche competenze, non solo può trovare una motivazione deontologica, ma anche una esigenza giuridica per evitare un contenzioso.

Infatti anche se l'indicazione è giusta e l'operato corretto, in assenza di un consenso da parte dell'interessato, l'eventuale menomazione comporta la possibilità da parte dell'interessato di una richiesta risarcitoria: l'obbligo di ottenere il consenso informato del paziente è del tutto autonomo rispetto alla riuscita del trattamento sanitario, e perciò il medico, che abbia omesso di raccogliere il consenso informato, incorre in responsabilità anche se la prestazione sanitaria viene eseguita in concreto senza errori (sentenza numero 6464, emessa dalla Corte di Cassazione l'8 luglio 1994)

Ora la legge 219 del 22 dicembre 2917 (entrata in vigore il 31 gennaio 2018) all’articolo 1.4, prendendo specificatamente in considerazione il Consenso informato, prevede:

Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare.
Il consenso informato, in qualunque forma espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

Dunque la forma scritta non è più solo consigliabile come prova certa di avvenuto consenso, ma è una previsione di legge.

La legge specifica, infatti, che il consenso informato, acquisito nei modi e cogli strumenti più consoni alle condizioni del soggetto, va sempre documentato in forma scritta o mediante videoregistrazioni o, per i disabili, usando dispositivi particolari che consentono loro la documentazione. Inoltre andrà sempre inserito nella cartella clinica (o equivalenti, es.scheda sanitaria) e nel fascicolo sanitario elettronico.

Ricordiamo che già il Codice Deontologica 2014 all’articolo 35 comma 3 aveva puntualizzato la forma scritta nei casi a elevato rischio:

Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall’ordinamento e dal Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull’integrità psico-fisica


IL CONSENSO INFORMATO

deve essere espresso da individuo capace di intendere e di volere

un consenso senza un'adeguata, completa e reale informazione non è considerato valido

  
   deve essere:


   l'informazione deve essere:

incombe su tutti i medici in base alla loro specifica attività
  si può prescindere in caso di necessità
  (urgenza inderogabile ai fini della vita)
 il consenso informato anche se presunto non è mai implicito


la legge prevedva l'acquisizione scritta solo per le trasfusioni  di sangue o emoderivati, nei trapianti, nella sperimentazione,  nella privacy, negli accertamenti da Hiv, nei trattamenti radianti, ora va sempre documentato in “forma scritta” o attraverso videoregistrazioni (legge 219/2017).

L’assenso del paziente può avvenire anche con strumenti informatici
Agid Circolare n.1 del 24 gennaio 2018.

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vedi inoltre le considerazioni integrative espresse dalla Cassazione in diverse sentenze (leggi in CASSAZIONE e CONSENSO INFORMATO)